Nistagmo: come lo riconosciamo

Quando si parla di difetti oculari, e certamente anche di Nistagmo, la prima attenzione è da porre sull’anamnesi.

Si domanda ai genitori se in famiglia ci sono difetti refrattivi (quali miopia grave, strabismo, ipermetropia, e problemi di ambliopia), sindromi metaboliche, patologie della retina, o tumori oculari (es. retinoblastoma), o ancora altre sindromi. 

È importante considerare anche il periodo della gravidanza o del periparto, verificando con le mamme se si sono verificate infezioni. Le più importanti, le più note, e anche le più pericolose, sono: la rosolia, la toxoplasmosi, e il citomegalovirus. Si domanda se il bambino è nato prematuro, se è stato in terapia intensiva, se ha avuto un ritardo di crescita intrauterina, o ancora se è piccolo per l’età gestazionale.

All’esame obiettivo, quando il pediatra esamina il bambino per la prima visita in studio sarà importante notare se ha delle posizioni viziate del capo (cioè questo viene tenuto inclinato in una direzione preferenziale), la dimensione degli occhi, la loro simmetria; e l’eventuale presenza di cisti o malformazioni proprio a livello della zona perioculare.

Uno degli strumenti utilizzati all’esame obiettivo è l’oftalmoscopio, per la ricerca del riflesso rosso. In una stanza poco illuminata, se possibile dilatando anche la pupilla, viene puntata la luce dell’oftalmoscopio su ciascuna pupilla del bambino, queste dovrebbero divenire rosse, identificando la retina, ossia i vasi retinici, che sono, appunto, rossi. In caso contrario è presente un problema: qualcosa si interpone tra la luce il fondo dell’occhio.

Più semplicemente, senza alcuno strumento, se il bambino è in braccio alla mamma e dietro alle spalle del medico c’è una fonte di luce naturale, è importante vedere che questa, il riflesso, cada simmetricamente sulla cornea per avere conferma del fatto che gli occhi del bambino siano in asse.

Tra i due/tre anni è prevista la somministrazione del Lang-stereotest, un test rapido per lo screening di difetti della visione binoculare nei bambini.

Verso i cinque/sei anni di età è possibile utilizzare le tavole per l’acuità visiva che presentano una serie di simboli, le più famose, già validate, sono le tabelle ottotipo con E di Albini con una serie di “forchettine” orientate nelle diverse direzioni.

A partire dall’età scolare è possibile utilizzare le letterine.

In generale, a partire da pochi mesi fino all’anno, il pediatra dovrebbe accertarsi con i genitori anche dei seguenti aspetti: che il bambino fissi il viso delle persone che si occupano di lui, che non abbia fotofobia (fastidio, timore della luce), che non strizzi troppo spesso gli occhi, la frequenza di lacrimazione (se presente e se è in entrambi gli occhi). A partire dal compimento di un anno di età, sarà utile chiedere se ha iniziato a camminare, se cammina speditamente, se sale e scende le scale senza aiuto oppure se è incerto, se presenta fotofobia, se strizza gli occhi, se li strofina molto, se manifesta tic oculari. A quattro anni, si domanderà se ha frequenti mal di testa e se è in grado di riconoscere i colori.

Sono molte le occasioni che si presentano nella quotidianità per porre attenzione a eventuali problematiche oculari. Non è mai troppo presto per rivolgersi all’oculista se ci sono dubbi all’esame obiettivo. Chiaramente un oculista pediatrico saprà meglio ancora gestire il problema, richiamando eventuali problematiche associate tipiche di lattanti e bambini della prima e seconda infanzia.